L’unica cosa evidente è che il mostro ha paura
Samuele Bersani

Time does its job: it changes everything. People that look like things, things that look like people. Gestures become rituals, boundaries are impassable even when the doors are wide open. They seek stratagems for survival, to erase those ubiquitous squares that divide the inside from the outside and are printed on their retinas. Each lock has two verses. Let’s use them both.

Il tempo fa il suo lavoro: cambia tutto. Persone che sembrano cose, cose che sembrano persone. I gesti diventano riti, i confini sono invalicabili anche quando le porte sono aperte. Si cercano stratagemmi per la sopravvivenza, per cancellare quei quadretti onnipresenti che dividono il dentro dal fuori e si stampano sulle retine. Ogni serratura ha due versi. Usiamoli entrambi.

Photo: Stefano Lista | Editing: Alvaro Deprit, Stefano Lista


Quando questo articolo ha iniziato a prendere forma nella mia mente, quando ancora la cascata di lettere che lo compongono doveva iniziare il suo corso, il titolo era già una certezza.

Un mondo a quadretti, sono sicuro che per tutti quelli che, come me, vivono o hanno vissuto questa realtà, il senso sia più che chiaro. L’idea mi è venuta quando l’altra sera guardavo una splendida luna piena e mi sono accorto che in effetti l’immagine che avevo di fronte non era quella di una luna al centro di un cielo meraviglioso ma solo gli avanzi che sbarre, cancelli ed affini lasciavano passare.

È iniziata così una lunga riflessione tra me e Mario che ci ha portato indietro nel tempo, quando tutto è iniziato. All’epoca avevo una visione del mondo completa, oggi invece dopo tanti e lunghi anni di detenzione ho dimenticato e rimosso gran parte delle immagini, sapori, odori e suoni che compongono la vita.

Tutte le immagini presenti nel mio archivio mentale sono sporcate dalla visione continua delle grate che ormai sembrano saldate direttamente sulle mie retine, finestre da cui vedo sempre lo stesso scorcio di Terra e sempre alla stessa distanza… un mondo a quadretti.

Va da se che questa semplice riflessione non poteva fermarsi qui, avevo solo tolto il coperchio… Ora toccava scavare a fondo.

Non sono solo la vista ed i ricordi ad essere compromessi ma tutti i sensi che mi appartengono. I sapori ad esempio sono limitati a quello che il sistema mi concede e, credetemi, mi concede sistematicamente sempre gli stessi; i suoni, che ormai nella mia testa hanno assunto tutti una cadenza metallica, un cane che abbaia, i clacson di un ingorgo, il pianto di un bambino… se solo provo a ricordare… ne viene fuori un “ding-dong” continuo; gli odori, in un mondo fatto di ferro e cemento, sono regolati da quello che a volte l’amico vento ci concede. E capita di rimanere stupiti nel sentire il profumo degli oleandri in fiore dopo anni di assenza, l’effetto è quello di un bambino che vede una palla per la prima volta. Anche il tatto è notevolmente limitato alle sole cose che il sistema ha deciso.

Non ho perso solo la mia libertà, un uomo privato di tutti i suoi sensi perde ogni possibilita di vivere e se qui io non vivo allora chi sono? Cosa sto facendo?
Dove mi trovo?

Sono lo zombie voluto da questo meccanismo infame, un morto vivente che si trascina nell’illusione di essere ancora vivo ma che in effetti di vivo ha solo la speranza di poter tornare al più presto a sentire la risata, il profumo e il dolce suono della vita.

Testo di Mario Livrieri