Settimio e l’emisfero destro

Settimio Benedusi, uno dei più noti fotografi italiani contemporanei, ha perso la pazienza. Non è la prima volta e non sarà probabilmente l’ultima, è un comunicatore (oltre che fotografo) non distante dalla figura “antipatica” alla Oliviero Toscani.
Ma queste sue parole hanno scatenato centinaia di commenti su Facebook:

“Basta, non dirò più che fate foto di merda, che le foto dei gattini, dei tramonti, delle maschere veneziane e delle tatuate alla pecorina nella fabbrica abbandonata sono cagate spaventose che solo menti ignoranti e semplici possono realizzare.
Fate il cazzo che volete.” (Settimio Benedusi)

Il popolo dei “photographer” su Facebook è diviso. C’è chi critica i toni, chi rivendica la facoltà di fotografare quello che vuole, chi lo accusa di presunzione… E c’è chi acclama al suo nuovo eroe e riconosce a Benedusi il coraggio di aver detto quello che molti pensano. Tutto nudo e crudo, senza giri di parole.

E io non so da che parte stare, quindi… provo a fare un po’ di ragionamenti.

Per indole non condivido i toni arroganti, ma Benedusi ha dato voce a tutti gli innamorati della Fotografia che hanno a che fare quotidianamente con il flusso di immagini spazzatura che passano su Facebook. Ha perso la pazienza, ok, non si fa! Ma penso poi che la rabbia è una emozione legittima dell’essere umano, purchè non si trasformi in violenza. Ogni giorno leggo post di persone incazzate per i più futili motivi, non mi sembra scandaloso che uno perda le staffe per la sua “amata”. Dopo tutto hanno “sbroccato” persone ben più importanti di lui… persino un tal “Gesù di Nazareth” nel tempio…

Credo che la rabbia del fotografo nasca da una paura che assilla anche me: la Fotografia è in pericolo di estinzione, così come la bellezza… E così come quelli di Greenpeace usano mezzi non sempre condivisibili da tutti per difendere il pianeta, Benedusi usa toni non sempre condivisibili per difendere la fotografia. Può piacere o meno, ma questo è il suo stile. E basta leggere la sua biografia sul suo sito internet per capire meglio il personaggio.
Vi consiglio la visione di questa clip per capire di cosa parlo quanto uso la parola “estinzione”:

Ma veniamo ai processi in atto che minacciano di estinzione la Fotografia: fino a qualche anno fa venivano sottoposte alla nostra attenzione due tipologie di foto: quelle “di famiglia”, categoria fuori concorso e che acquista valore nel tempo con il titolo onorifico di “foto ricordo”. E poi quelle sulla “carta stampata” (dalle riviste patinate alle enciclopedie). Nel secondo caso tutta roba selezionata dalla figura professionale del photo editor.

Ora seguitemi: oggi in un giorno solo su Facebook vediamo la quantità di foto che vedevamo in un mese intero 15 o 20 anni fa… Ci avete mai pensato?

E il “filtro” tra il bello e il brutto non è più stabilito da una persona competente come quella dell’editor. Il filtro sono i “like”. E il “like” fa leva sulla velocità del flusso informativo onnivoro dei social network. È un “prendere o lasciare” immediato, un “vivo o morto” senza possibilità di appello (e ragionamento) che ricorda, anche nella forma di quel “pollice in su”, la figura del gladiatore al cospetto dell’imperatore. Manca il pollice in giù, ma è notizia di questi giorni che Zuckerberg stia provvedendo.

Per i “like” si fa di tutto. E con i “like” si fa ancora di più: ci si sente semi-dei, novelli Cartier-Bresson.

Ma la cosa più triste di questa storia è un’altra. L’ansia da “like” ci incoraggia a rinunciare al nostro pensiero per inserirci nel flusso del “pensiero unico”. Cercare il consenso dell’altro a tutti i costi ci rende degni inquilini del condominio del trash, di quella cultura teleinvasiva e “nazionalpopolare” che ci vuole consumatori ciechi di ciò che gli esperti di comunicazione vogliono propinarci.

Quasi cento anni fa scrisse László Moholy-Nagy:

“Non colui che ignora l’alfabeto bensì colui che ignora la fotografia, sarà l’analfabeta del futuro”.

Ecco, siamo nel futuro… Moholy-Nagy aveva in qualche modo previsto Facebook. :)
Un luogo virtuale di “analfabeti” che rilanciano fieri sui propri profili la bufala quotidiana e non sono in grado di distinguere Alex Webb da Mario Rossi Photographer o il sofficino raffigurato nella confezione da quello cucinato.
“La foto sulla confezione è a solo scopo illustrativo e potrebbe non corrispondere…”. Se siamo arrivati al punto di doverlo scrivere una ragione ci sarà…

La cosa davvero triste è questa: la rinuncia all’emisfero destro del nostro cervello. Quando usiamo solo l’emisfero sinistro, quello dedicato alle azioni ripetitive, diventiamo automi. Quando pubblichiamo l’ennesima foto di “cute kittens” siamo automi, quando la nostra reflex nuova di pacca diventa lo strumento per riprodurre le “pose stereotipate” delle solite donne in pose erotiche e in luoghi abbandonati siamo automi, quando il nostro universo di conoscenza si riduce alla nostra città e alla nostra regione siamo automi. Facciamo fotocopie di cose già viste senza lasciare la nostra impronta, senza comprometterci, senza condividere il nostro “io” più intimo e interessante (e per questo bello)…

Mettendo in stand-by l’emisfero destro del nostro cervello, quello della creatività, ci trasformiamo coralmente in automi, piccoli “clone troopers” di una Star Wars sempre più reale che non ha le sembianze dell’universo tetro di George Lucas ma quelle della bacheca di Facebook.

Ok, è antipatico. Ma io sto con Settimio…

7 commenti
  1. Nicolas Bellwald
    Nicolas Bellwald dice:

    Un politico al governo non dovrebbe dire io sto da la parte dei diritti del turista , come un fotografo non dovrebbe stare da la parte di un punto di vista . Un fotografo dovrebbe fotografare , e la scelta dei suoi scatti dovrebbe essere il suo essere fotografo . Visto che oggi sembrerebbe che la parola ,il fotografo , è diventata chi possiede un aparecchio fotografico , e non chi emerge come professionista in questo settore , allora un fotografo di sport illustrated diventa uno Sgarbi , è una marea di fotografi sono li pronti a commentare io sto con lui , io non sto con lui . Fotografate , quello che scrivete ! Altro che cervella , piselli solo piselli , d altronde si sa il futuro è vegetariano

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  2. Nicola
    Nicola dice:

    Rispetto Settimio, la sua grande vita ed esperienza e lo ammiro. Ha anche la grande capacita’ di dire le cose “dritte”. Ha ragione quasi in tutto secondo me. Vorrei pero’ che nei sui post distinguesse fra “fotografi da gattini e tramonti” e da “fotografi giovani che ci credono e provano a migliorarsi e a crescere”. La prima categoria bisogna tacitamente sopportarla (il 99 per cento delle foto in giro). La seconda categoria, spero venga capita: in fin dei conti nessuno di noi e’ “nato imparato”, anzi, la fotografia vera e’ un imparare continuo, sempre: l’occhio va allenato, bisogna cercare di fare cose nuove (nei limiti del possibile).
    Settimio spara a zero su gattini e tramonti… ma dovrebbe aggiustare il tiro per non sparare su chi sta crescendo e ci crede nella fotografia.

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  3. Danilo
    Danilo dice:

    Condivido in pieno.
    Solo un’osservazione.
    Ok Facebook,ok instagram e le reflex a basso costo, ma la figura del photo editor dov’è finita? Con tutte queste immagini il lavoro sarebbe dovuto aumentare invece su alcuni magazine o riviste o siti vedo foto che veramente sembrano essere state scelte in base al numero di like su Facebook.
    Semplice curiosità

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  4. daniele catucci
    daniele catucci dice:

    speriamo sia solo questione di tempo, aspettare che le messe vengano educate al bello e che i professionisti assimilino i recenti cambiamenti nel mondo della comunicazione, invece di discriminarli, e li sfruttino a loro e nostro vantaggio.

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